Las almas di Buenos Aires
Arrivare in aereo di notte a Buenos Aires è un'emozione indescrivibile. Un tappeto interminabile di luci che si srotola sotto in ogni direzione. Arrivare da est poi, dopo uno slancio nell'atmosfera di 12 ore, toglie letteralmente il fiato. Sarà forse la consapevolezza di essere finalmente giunti in America, il continente dei grandi sogni e delle grandi rivoluzioni. O forse l'idea che guardare Buenos Aires è un po' come guardare la propria immagine riflessa da un capo all'altro dell'oceano.
Uno specchio di 10.000 km di terra ed acqua restituisce agli occhi un non so che di familiare persino al viaggiatore italiano più distratto. É una sensazione viscerale che ci accompagna per tutto il viaggio a Baires mentre ci perdiamo per le sue vie e quartieri. Ci fa pensare ai nostri nonni e bisnonni e ce li fa immaginare con una valigia in mano mentre balbettano parole in una nuova lingua appena sbarcati in un nuovo continente. È qualcosa che ritroviamo nei nomi e cognomi o nei tratti somatici dei suoi abitanti, nella brillantina che risplende sui capelli dei giovani porteñi, nei centinaia di ristoranti che servono ottimi sorrentinos e ñoquis, ma soprattutto nella straordinaria e quanto mai inusuale calorosità con cui veniamo accolti da tutti gli argentini incontrati quando diciamo di essere italiani.
Ciò che forse colpisce di più di Buenos Aires sono però i contrasti. La frase "sembra un incrocio tra New York e Napoli" che pronunciamo divertiti la prima mattina affacciandoci dal balcone del b&b, rappresenta senza dubbio un paragone esagerato ma forse è ben azzeccata per descrivere l'impronta unica della città.
Il nostalgico e il decadente convivono con modernità e una straordinaria vivacità, svettanti grattacieli che spuntano a lato di ordinati viali a 10 corsie proiettano la loro ombra su quartieri poverissimi (un tempo chiamate villas miserias), graziosi e affollati autobus verdi che sembrano usciti da un film anni 50 affiancano suv e mercedes ai semafori. Ma è soprattutto l'eleganza dei quartieri residenziali a stridere con l'immagine dei cosiddetti cartoneros che si aggirano la sera o la mattina presto per i quartieri, rovistando tra la spazzatura lasciata ai lati delle strade per poi trascinarsi dietro il loro bottino di carta e cartoni da rivendere. É il simbolo di una crisi economica che ormai più di 10 anni fa ha messo in ginocchio la classe media argentina ma anche di un alto livello di sperequazioni sociali che ahimè da sempre contraddistingue – seppur in diversa misura- i paesi dell'America meridionale, ed è stata causa di rivoluzioni e dittature. Quella del 2001 è una crisi che dai roboanti dati economici ufficiali su Pil e crescita pare ormai solo un ricordo, spazzato via dalla vincente ricetta economica adottata dai coniugi Kirchener (il patagonico Nestor Kirchener detto "el pinguino" e sua moglie, Cristina attuale e a quanto pare amatissima "presidenta"). Se e solo se però, alle cifre ci si dimentica di sostituire i tanti volti dei milioni di argentini finiti sul lastrico dall'oggi al domani con conti correnti, stipendi e pensioni congelati.
Il nostro itinerario parte dal gigantesco obelisco di Plaza de la Republica che con in suoi 67 metri si slancia in mezzo alle 16 trafficate corsie di Avenida 9 de Julio, considerata la via urbana più larga del mondo. Attraversare la strada davanti a 16 file di macchine pronte a partire e stirarti ci regala svariate volte quel brivido di avventura che ci mancava durante il nostro soggiorno a B.A. (a parte il tentato scippo in metropolitana con la tecnica "guarda che hai lo zaino sporco").
Sullo sfondo svetta un grattacielo coperto dalla gigantografia di una celebre immagine di Evita che parla al popolo. Da qui ha inizio il vero cuore della città (Microcentro). Una ragnatela di graziosissimi vie e viali all'ombra di alti palazzi d'epoca in stile coloniale, attività commerciali e antichi caffè all'europea come i famosissimi Café Tortoni ,Café de los Angelitos o El Gato Negro dove è possibile gustare un café cortado (caffè macchiato) con due medialunas (piccoli croissants), godendo di una suggestiva atmosfera e fantasticando su grandi scrittori argentini come Cortàzar o Borges intenti a comporre i propri capolavori seduti proprio a quei tavoli. Passeggiamo nell'isola pedonale di Calle Florida brulicante di negozi, visitatori, artisti di strada e ballerini di tango.
Uno specchio di 10.000 km di terra ed acqua restituisce agli occhi un non so che di familiare persino al viaggiatore italiano più distratto. É una sensazione viscerale che ci accompagna per tutto il viaggio a Baires mentre ci perdiamo per le sue vie e quartieri. Ci fa pensare ai nostri nonni e bisnonni e ce li fa immaginare con una valigia in mano mentre balbettano parole in una nuova lingua appena sbarcati in un nuovo continente. È qualcosa che ritroviamo nei nomi e cognomi o nei tratti somatici dei suoi abitanti, nella brillantina che risplende sui capelli dei giovani porteñi, nei centinaia di ristoranti che servono ottimi sorrentinos e ñoquis, ma soprattutto nella straordinaria e quanto mai inusuale calorosità con cui veniamo accolti da tutti gli argentini incontrati quando diciamo di essere italiani.
Ciò che forse colpisce di più di Buenos Aires sono però i contrasti. La frase "sembra un incrocio tra New York e Napoli" che pronunciamo divertiti la prima mattina affacciandoci dal balcone del b&b, rappresenta senza dubbio un paragone esagerato ma forse è ben azzeccata per descrivere l'impronta unica della città.
Il nostalgico e il decadente convivono con modernità e una straordinaria vivacità, svettanti grattacieli che spuntano a lato di ordinati viali a 10 corsie proiettano la loro ombra su quartieri poverissimi (un tempo chiamate villas miserias), graziosi e affollati autobus verdi che sembrano usciti da un film anni 50 affiancano suv e mercedes ai semafori. Ma è soprattutto l'eleganza dei quartieri residenziali a stridere con l'immagine dei cosiddetti cartoneros che si aggirano la sera o la mattina presto per i quartieri, rovistando tra la spazzatura lasciata ai lati delle strade per poi trascinarsi dietro il loro bottino di carta e cartoni da rivendere. É il simbolo di una crisi economica che ormai più di 10 anni fa ha messo in ginocchio la classe media argentina ma anche di un alto livello di sperequazioni sociali che ahimè da sempre contraddistingue – seppur in diversa misura- i paesi dell'America meridionale, ed è stata causa di rivoluzioni e dittature. Quella del 2001 è una crisi che dai roboanti dati economici ufficiali su Pil e crescita pare ormai solo un ricordo, spazzato via dalla vincente ricetta economica adottata dai coniugi Kirchener (il patagonico Nestor Kirchener detto "el pinguino" e sua moglie, Cristina attuale e a quanto pare amatissima "presidenta"). Se e solo se però, alle cifre ci si dimentica di sostituire i tanti volti dei milioni di argentini finiti sul lastrico dall'oggi al domani con conti correnti, stipendi e pensioni congelati.
Il nostro itinerario parte dal gigantesco obelisco di Plaza de la Republica che con in suoi 67 metri si slancia in mezzo alle 16 trafficate corsie di Avenida 9 de Julio, considerata la via urbana più larga del mondo. Attraversare la strada davanti a 16 file di macchine pronte a partire e stirarti ci regala svariate volte quel brivido di avventura che ci mancava durante il nostro soggiorno a B.A. (a parte il tentato scippo in metropolitana con la tecnica "guarda che hai lo zaino sporco").
Sullo sfondo svetta un grattacielo coperto dalla gigantografia di una celebre immagine di Evita che parla al popolo. Da qui ha inizio il vero cuore della città (Microcentro). Una ragnatela di graziosissimi vie e viali all'ombra di alti palazzi d'epoca in stile coloniale, attività commerciali e antichi caffè all'europea come i famosissimi Café Tortoni ,Café de los Angelitos o El Gato Negro dove è possibile gustare un café cortado (caffè macchiato) con due medialunas (piccoli croissants), godendo di una suggestiva atmosfera e fantasticando su grandi scrittori argentini come Cortàzar o Borges intenti a comporre i propri capolavori seduti proprio a quei tavoli. Passeggiamo nell'isola pedonale di Calle Florida brulicante di negozi, visitatori, artisti di strada e ballerini di tango.
Ci
spostiamo nel ricco barrio de La Recoleta,
celebre per il cimitero in cui
è sepolta, tra le tante personalità, Maria Eva Duarte ovvero l'amatissima Evita Peròn, considerata ancora oggi - a torto o ragione - eroina nazionale al pari di Gardel e Maradona. Evita morì nel 1952 all'età di 33 anni poco dopo aver annunciato la sua rinuncia alla candidatura di vicepresidente. Non tutti sanno che prima che la sua salma facesse rientro in patria nel 1974, fu sepolta segretamente per un periodo al Cimitero Maggiore di Milano con il nome di Maria Maggi.
Ci dirigiamo verso il vicino barrio Palermo: quartiere residenziale pieno di grattacieli, ambasciate e bellissimi palazzi attraversato da grandissimi viali e parchi meravigliosi in cui rinfrescarsi e ripararsi dal caldo di febbraio e dai violentissimi raggi solari (da una ricerca in internet sul posto abbiamo scoperto che il buco dell'ozono si sta avvicinando pericolosamente all'Argentina) nell'ampia ombra delle magnolie e dei palos borrachos.
Ci dirigiamo verso il vicino barrio Palermo: quartiere residenziale pieno di grattacieli, ambasciate e bellissimi palazzi attraversato da grandissimi viali e parchi meravigliosi in cui rinfrescarsi e ripararsi dal caldo di febbraio e dai violentissimi raggi solari (da una ricerca in internet sul posto abbiamo scoperto che il buco dell'ozono si sta avvicinando pericolosamente all'Argentina) nell'ampia ombra delle magnolie e dei palos borrachos.
Ci perdiamo nelle strette vie acciottolate del quartiere San Telmo, all'inizio dell'800 scenario di violenti scontri con le truppe inglesi e senza dubbio uno dei più autentici e affascinanti della capitale. Il suo aspetto vagamente trasandato ci colpisce e affascina accompagnandoci verso due mete d'obbligo: il mercatino domenicale della Fiera di San Telmo che si dirama da Plaza Dorrego e il rendez-vous con una cara vecchia amica: lei, l'eterna bambina, figlia della penna del geniale fumettista argentino Quino, la troviamo comodamente seduta su una panchina all'angolo tra la calle Chile e Defensa. Ci intratteniamo per un po' con lei discorrendo amabilmente di pace nel mondo e di Beatles.
Ma
è in Plaza de Mayo che
facciamo l'incontro più straordinario del viaggio con un monumento
vivente all'umanità, alla maternità e al coraggio. Sono le
15.30 di un giovedì qualunque e le Madres de Plaza de Mayo da
più di 40 anni si riuniscono tutti i giovedì in questo luogo e
sfilano attorno all'obelisco davanti alla Casa Rosada. Lo
fanno da quel lontano 1976 quando, accomunate dall'angoscia e da un
dolore inenarrabile, decidono insieme di non stare in silenzio
davanti alla dittatura come tanti argentini ma di chiedere con forza
la verità sulla sorte dei propri figli fatti sparire dal regime
(30.000 desaparecidos di cui tuttora non si sanno ufficialmente le
sorti). Hanno
ancora la foto dei loro figli desaparecidos appesa al collo e
sul capo l'immancabile pañuelo,
il fazzoletto bianco con la scritta "Aparicion con
vida". Si
trascinano chi col bastone, chi in sedia a rotelle ma tutte tenendosi
strette sotto braccio e urlando con quanta forza hanno nei loro
minuti e ormai anziani corpi. Il loro grido si è però convertito ora
in qualcosa di universale che valica i legami di sangue e i confini
contro tutte le ingiustizie e le dittature. Erano
anni che sognavo di incontrarle, prima che il tempo spegnesse ciò
che la dittatura e il dolore non è stato in grado di spazzar via.
Il coloratissimo quartiere La Boca merita senza alcun dubbio una visita, anche se la guida raccomanda di non avventurarsi al di fuori della principale via turistica nota come "Caminito" data la non proprio ottima fama del luogo. Le origini di questo piccolo quartiere sulla riva del fiume Riachuelo sono nostrane. é alla fine dell'800 infatti che vi si insediarono emigranti genovesi (il nome stesso del quartiere pare derivi da Boccadasse, un porticciolo di pescatori vicino a Genova) così come erano genovesi i cinque amici che nel 1905 decisero di fondare una delle squadre di calcio più amate del mondo: il Boca Juniors i cui tifosi prendono proprio il nome di Xeneizes ("genovesi").
La scenografia e l'atmosfera sono assolutamente eccezionali: vivacissime case di lamiera ondulate un tempo dipinte utilizzando i fondi delle vernici utilizzate per chiatte e navi sono oggi diventate il simbolo di questo barrio mentre nelle strade davanti ai caffè talentuosi ballerini di tango trascinano inesorabilmente i turisti in uno scia di nostalgia e sensualità.
LAURA
La scenografia e l'atmosfera sono assolutamente eccezionali: vivacissime case di lamiera ondulate un tempo dipinte utilizzando i fondi delle vernici utilizzate per chiatte e navi sono oggi diventate il simbolo di questo barrio mentre nelle strade davanti ai caffè talentuosi ballerini di tango trascinano inesorabilmente i turisti in uno scia di nostalgia e sensualità.
LAURA