La prima neve
Segnalato da Elena, una nostra cara lettrice.E' una storia semplice, ma profonda, narrata molto bene e interpretata con estrema naturalezza.
Ambientato nella Valle dei Mocheni, tra le montagne trentine, è la storia di un ragazzino
di undici anni e del suo bel rapporto di amicizia con un immigrato di colore, scappato dalla Libia. I due condividono la triste perdita degli affetti più cari e sarà la caduta della prima neve a colmare il vuoto e a placare i loro animi tormentati da una vita dura e segnata da eventi ingiusti e dolorosi.
Da vedere!
Ambientato nella Valle dei Mocheni, tra le montagne trentine, è la storia di un ragazzino
di undici anni e del suo bel rapporto di amicizia con un immigrato di colore, scappato dalla Libia. I due condividono la triste perdita degli affetti più cari e sarà la caduta della prima neve a colmare il vuoto e a placare i loro animi tormentati da una vita dura e segnata da eventi ingiusti e dolorosi.
Da vedere!
Gravity
Si potrebbe forse pensare all'ennesima americanata dove tutti sopravvivono a situazioni inverosimili e dove ogni apocalittica tragedia viene risolta dal bel faccino di turno. E invece no.
Certo, ne succedono di tutti i colori e se tutto fosse andato storto (cosa più plausibile, ma poco cinematografica), non avrebbero perso tempo a farci un film. Un pò di surrealismo ci vuole, su questo non ci piove.
Per il resto, nella sua apparente semplicità, Gravity è uno dei film più realistici ed originali che mi sia capitato di vedere ultimamente. Sarà l'effetto del 3D che, in questo caso, riesce letteralmente a proiettare lo spettatore al di là dello schermo, saranno gli effetti speciali che riescono a fare dei veri e propri miracoli o forse, più semplicemente, sarà l'attrazione per l'ignoto che lo spazio rappresenta.
Una cosa è certa, lassù con i protagonisti del film, si avverte la solitudine, il silenzio, l'angoscia di essere davvero e più di chiunque altro lontani da casa. Ogni emozione, ogni respiro ed ogni singolo movimento è amplificato ed innaturale. E' un pò come essere sott'acqua, lo spazio è un mondo che non appartiene all'uomo, viverlo può avere le sue conseguenze.
Questo film è un bel viaggio che vale la pena di vivere.
BETTA
Certo, ne succedono di tutti i colori e se tutto fosse andato storto (cosa più plausibile, ma poco cinematografica), non avrebbero perso tempo a farci un film. Un pò di surrealismo ci vuole, su questo non ci piove.
Per il resto, nella sua apparente semplicità, Gravity è uno dei film più realistici ed originali che mi sia capitato di vedere ultimamente. Sarà l'effetto del 3D che, in questo caso, riesce letteralmente a proiettare lo spettatore al di là dello schermo, saranno gli effetti speciali che riescono a fare dei veri e propri miracoli o forse, più semplicemente, sarà l'attrazione per l'ignoto che lo spazio rappresenta.
Una cosa è certa, lassù con i protagonisti del film, si avverte la solitudine, il silenzio, l'angoscia di essere davvero e più di chiunque altro lontani da casa. Ogni emozione, ogni respiro ed ogni singolo movimento è amplificato ed innaturale. E' un pò come essere sott'acqua, lo spazio è un mondo che non appartiene all'uomo, viverlo può avere le sue conseguenze.
Questo film è un bel viaggio che vale la pena di vivere.
BETTA
Rush... verso il successo
Non bisogna essere sportivi né amanti delle auto da corsa
per apprezzare "Rush", il nuovo film di Ron Howard. Perché i protagonisti sono sì
due campioni della Formula1, ma il film non racconta la banale sfida fra due
sportivi rivali, piuttosto uno scontro fra due uomini profondamente diversi, in
un'epoca – metà anni '70- in cui la passione non era una merce, ma una forza
irresistibile che poteva portarti a sfidare la morte o a trovare il coraggio di
fare un passo indietro.
James Hunt, bello e ribelle, sprezzante del pericolo, un uomo che viveva ogni giorno della sua vita come fosse l'ultimo, e Niki Lauda, il freddo austriaco calcolatore, gran lavoratore, poco incline a socializzare se non con i pistoni e i cavalli della sua auto. Entrambi diventati campioni, ma con storie così diverse che alla fine risulta strano come si avvicinassero: nonostante la fortissima rivalità – e gli insulti anche poco velati – i due campioni non potevano che rispettarsi e comprendersi perché entrambi vivevano la medesima tensione: salire in macchina e correre a 270 km/h e forse non tornare più indietro...
Sì perché allora la macchina non era un gioiello della tecnologia, ma diventava spesso uno strumento di morte. Uno dei protagonisti lo proverà sulla sua pelle, un’esperienza che lascerà segni indelebili, non solo su di lui ma che segnerà anche il suo avversario.
Vedendo le immagini di repertorio stupisce la strabiliante somiglianza di Daniel Bruhl (che interpreta Lauda) e il suo corrispettivo reale, mentre la bellezza dell'attore Chris Hemsworth è una gioia per gli occhi.
Il film, come per altre opere di Ron Howard (regista di Cocoon, Cuori ribelli, A beautiful mind, per citarne solo alcuni), ha la grande e non banale capacità di raccontare una storia, realizzando un racconto in immagini, una favola moderna i cui protagonisti non sono cavalieri dall’armatura scintillante, ma persone che riusciamo a sentire vicine, per la loro imperfezione, per la voglia di lottare.
Belle sensazioni che rombano dentro come un motore.
Sfrecciate…a vederlo!
ALICE
James Hunt, bello e ribelle, sprezzante del pericolo, un uomo che viveva ogni giorno della sua vita come fosse l'ultimo, e Niki Lauda, il freddo austriaco calcolatore, gran lavoratore, poco incline a socializzare se non con i pistoni e i cavalli della sua auto. Entrambi diventati campioni, ma con storie così diverse che alla fine risulta strano come si avvicinassero: nonostante la fortissima rivalità – e gli insulti anche poco velati – i due campioni non potevano che rispettarsi e comprendersi perché entrambi vivevano la medesima tensione: salire in macchina e correre a 270 km/h e forse non tornare più indietro...
Sì perché allora la macchina non era un gioiello della tecnologia, ma diventava spesso uno strumento di morte. Uno dei protagonisti lo proverà sulla sua pelle, un’esperienza che lascerà segni indelebili, non solo su di lui ma che segnerà anche il suo avversario.
Vedendo le immagini di repertorio stupisce la strabiliante somiglianza di Daniel Bruhl (che interpreta Lauda) e il suo corrispettivo reale, mentre la bellezza dell'attore Chris Hemsworth è una gioia per gli occhi.
Il film, come per altre opere di Ron Howard (regista di Cocoon, Cuori ribelli, A beautiful mind, per citarne solo alcuni), ha la grande e non banale capacità di raccontare una storia, realizzando un racconto in immagini, una favola moderna i cui protagonisti non sono cavalieri dall’armatura scintillante, ma persone che riusciamo a sentire vicine, per la loro imperfezione, per la voglia di lottare.
Belle sensazioni che rombano dentro come un motore.
Sfrecciate…a vederlo!
ALICE
"Elysium" : paradiso crudele
La fantascienza che incontra grandi temi dell'attualità in salsa “action-movie”; tutto si gioca sulla classica dualità “bene-male” “ricco-povero”: nel 2154 (ci saremo ancora?!) la Terra – e in particolare una Los Angeles ormai messicanizzata in cui si svolge la storia- è collassata sotto il peso del sovrappopolamento e di tutti i problemi a esso connessi (povertà dilagante, carestie, malattie, criminalità diffusa).
E i ricchi? Anche loro subiscono tutto questo? Ovviamente no (il che è molto realistico), tant'è che si costruiscono una stazione orbitante intorno alla Terra che tanto disprezzano (ma che è così bella vista da lassù!), un pianeta artificiale in cui splende sempre il sole, c'è aria pulita e tanto verde, son tutti vestiti bene ed esiste un body scanner in grado di curare qualsiasi malattia (insomma il Paradiso versione pagana). Ministro della Difesa di questa enclave di privilegiati ( e schifosamente egoisti) è una spietata ( e tendente al nazismo) Jodi Foster che non avrà scrupoli a silurare una navetta piena di poveri cristi “clandestini terrestri” (vi ricorda qualcosa?!).
Il protagonista è però un Matt Damon (Max) bello e dannato, orfano in una Los Angeles sporca e cattiva; cresce cullando il sogno di andare su Elysium portando la sua amica poi amata Frey. Ma la sua vita è quella di un povero diavolo che si arrabatta tra piccoli reati e il desiderio di riscattarsi con un lavoro onesto ( operaio in una catena di montaggio di droidi di difesa in una multinazionale/maquilladora gestita da un perfido Elysiano). Ed è proprio qui che il destino si fa beffe di lui: la scelta è fra eseguire un rischioso ordine del capo o essere licenziato. Cosa può fare un operaio in una civiltà di disgraziati? Max finisce quindi per beccarsi una scarica letale di radiazioni; gli restano solo 5 giorni di vita e una speranza: andare su Elysium. Nel tentativo di curarsi suo malgrado si troverà coinvolto in un complotto politico e quello che era partito come un viaggio egoistico verso la propria salvezza assumerà ben presto i toni di una missione umanitaria...
Infondo la suora glielo aveva detto quando era bambino: “ tu sei destinato a fare qualcosa di speciale!”.
Il finale è agrodolce, ma nondimeno pieno di speranza. Il film risulta assai godibile e coinvolgente (se non siete dei cuori di pietra!), i temi trattati sono di grande impatto e profondità, soprattutto per i forti ed evidenti richiami al presente (basti pensare anche alla dualità dei set: la Terra del 2154 è stata girata nei sobborghi poveri di Città del Messico, mentre gli scenari idilliaci di Elysium appartengono a Vancouver), e forse è proprio questo il problema: al film manca comunque qualcosa, forse un maggior approfondimento di queste tematiche, anche attraverso un lavoro più certosino sui personaggi, che avrebbero potuto essere meglio elaborati.
Comunque si esce dal cinema contenti, pensando però di volerne sapere di più, ma d'altra parte è anche questo il fascino della fantascienza: lasciarti sospeso a riflettere su possibili risvolti, sulle cause ed effetti, fino ad accorgersi di non pensare più al futuro, bensì al presente.
ALICE
E i ricchi? Anche loro subiscono tutto questo? Ovviamente no (il che è molto realistico), tant'è che si costruiscono una stazione orbitante intorno alla Terra che tanto disprezzano (ma che è così bella vista da lassù!), un pianeta artificiale in cui splende sempre il sole, c'è aria pulita e tanto verde, son tutti vestiti bene ed esiste un body scanner in grado di curare qualsiasi malattia (insomma il Paradiso versione pagana). Ministro della Difesa di questa enclave di privilegiati ( e schifosamente egoisti) è una spietata ( e tendente al nazismo) Jodi Foster che non avrà scrupoli a silurare una navetta piena di poveri cristi “clandestini terrestri” (vi ricorda qualcosa?!).
Il protagonista è però un Matt Damon (Max) bello e dannato, orfano in una Los Angeles sporca e cattiva; cresce cullando il sogno di andare su Elysium portando la sua amica poi amata Frey. Ma la sua vita è quella di un povero diavolo che si arrabatta tra piccoli reati e il desiderio di riscattarsi con un lavoro onesto ( operaio in una catena di montaggio di droidi di difesa in una multinazionale/maquilladora gestita da un perfido Elysiano). Ed è proprio qui che il destino si fa beffe di lui: la scelta è fra eseguire un rischioso ordine del capo o essere licenziato. Cosa può fare un operaio in una civiltà di disgraziati? Max finisce quindi per beccarsi una scarica letale di radiazioni; gli restano solo 5 giorni di vita e una speranza: andare su Elysium. Nel tentativo di curarsi suo malgrado si troverà coinvolto in un complotto politico e quello che era partito come un viaggio egoistico verso la propria salvezza assumerà ben presto i toni di una missione umanitaria...
Infondo la suora glielo aveva detto quando era bambino: “ tu sei destinato a fare qualcosa di speciale!”.
Il finale è agrodolce, ma nondimeno pieno di speranza. Il film risulta assai godibile e coinvolgente (se non siete dei cuori di pietra!), i temi trattati sono di grande impatto e profondità, soprattutto per i forti ed evidenti richiami al presente (basti pensare anche alla dualità dei set: la Terra del 2154 è stata girata nei sobborghi poveri di Città del Messico, mentre gli scenari idilliaci di Elysium appartengono a Vancouver), e forse è proprio questo il problema: al film manca comunque qualcosa, forse un maggior approfondimento di queste tematiche, anche attraverso un lavoro più certosino sui personaggi, che avrebbero potuto essere meglio elaborati.
Comunque si esce dal cinema contenti, pensando però di volerne sapere di più, ma d'altra parte è anche questo il fascino della fantascienza: lasciarti sospeso a riflettere su possibili risvolti, sulle cause ed effetti, fino ad accorgersi di non pensare più al futuro, bensì al presente.
ALICE
La notte delle matite spezzate di H. Olivera (1986)
La Plata, Argentina. É la notte del 16 settembre 1976, pochi mesi dopo il golpe militare guidato dal generale Videla che diede inizio al "Processo di riorganizzazione nazionale" e alla cosiddetta "Guerra Sucia", un programma di repressione violenta con lo scopo di eliminare qualunque forma di protesta e dissidenza nel paese.
Un gruppo di studenti adolescenti dell'istituto di Belle Arti di La Plata viene sequestrato in piena notte dalle proprie case in un'operazione di polizia che verrà ricordata come "La noche de los làpices" (La notte delle matite). Sono Claudia, Maria Clara, Horacio, Pablo, Francisco, Daniel e Claudio (nella foto). Hanno tra i 16 e i 18 anni e il regime argentino li considera dei potenziali sovversivi per il semplice fatto di far parte dell'"Union Estudiantil Secundaria" e di aver organizzato, durante i mesi precedenti, cortei pacifici e campagne di volantinaggio per l'ottenimento del tesserino studentesco liceale. Di loro solo uno, Pablo Diaz, verrà rimesso in libertà dopo 4 anni di carcere mentre gli altri faranno tragicamente parte dei 30.000 desaparecidos argentini sequestrati, torturati e uccisi segretamente dal regime tra il 1976 ed il 1983.
Il film condensa in sé i simboli e le tematiche tipiche della dittatura argentina senza mai cadere in una crudezza documentale che risulterebbe offensiva agli occhi dello spettatore e soprattutto alla memoria delle vittime: dai sequestri a bordo di Ford Falcon all'utilizzo come strumenti di tortura delle cosiddette "Picanas eléctricas", dal delirio di onnipotenza dei torturatori alla complicità della Chiesa argentina e al protagonismo delle madri nella disperata ricerca dei figli scomparsi.
É tuttavia una gioventù carica di entusiasmo e di sogni in cui non si può che riconoscersi l'assoluta protagonista, simbolo di un'intera generazione spazzata via dalla dittatura (la maggior parte dei desaparecidos avevano un'età tra i 20 e i 30 anni) ma soprattutto di un canto universale di amore, speranza e libertà – come quello che i protagonisti intonano al di sopra delle proprie celle- che nessun governo potrà mai piegare.
Concludo con le bellissime parole della canzone di Charly Garcia intitolata "Canciòn para mi muerte" tratta da una delle scene del film:
Hubo un tiempo que fui hermoso
y fui libre de verdad
guardaba todos mis sueños
en castillos de cristal
Poco a poco fui creciendo
y mis fabulas de amor
se fueron desvaneciendo
como pompas de jabon
Te encontrare una mañana
dentro de mi habitacion
y preparars la cama, para dos.
Es larga la carretera
cuando uno mira atras
vas cruzando las fonteras
sin darte cuenta quizas
Tomate del pasamanos
porque antes de llegar
se aferraron mil ancianos
pero se fueron igual
Te encontrare una mañana...
Quisiera saber tu nombre
tu lugar tu direccion,
y si te han puesto telefono
tambien tu numeracion
Te suplico que me avises
si me vienes a buscar
no es porque te tenga miedo
solo me quiero arreglar
LAURA
Un gruppo di studenti adolescenti dell'istituto di Belle Arti di La Plata viene sequestrato in piena notte dalle proprie case in un'operazione di polizia che verrà ricordata come "La noche de los làpices" (La notte delle matite). Sono Claudia, Maria Clara, Horacio, Pablo, Francisco, Daniel e Claudio (nella foto). Hanno tra i 16 e i 18 anni e il regime argentino li considera dei potenziali sovversivi per il semplice fatto di far parte dell'"Union Estudiantil Secundaria" e di aver organizzato, durante i mesi precedenti, cortei pacifici e campagne di volantinaggio per l'ottenimento del tesserino studentesco liceale. Di loro solo uno, Pablo Diaz, verrà rimesso in libertà dopo 4 anni di carcere mentre gli altri faranno tragicamente parte dei 30.000 desaparecidos argentini sequestrati, torturati e uccisi segretamente dal regime tra il 1976 ed il 1983.
Il film condensa in sé i simboli e le tematiche tipiche della dittatura argentina senza mai cadere in una crudezza documentale che risulterebbe offensiva agli occhi dello spettatore e soprattutto alla memoria delle vittime: dai sequestri a bordo di Ford Falcon all'utilizzo come strumenti di tortura delle cosiddette "Picanas eléctricas", dal delirio di onnipotenza dei torturatori alla complicità della Chiesa argentina e al protagonismo delle madri nella disperata ricerca dei figli scomparsi.
É tuttavia una gioventù carica di entusiasmo e di sogni in cui non si può che riconoscersi l'assoluta protagonista, simbolo di un'intera generazione spazzata via dalla dittatura (la maggior parte dei desaparecidos avevano un'età tra i 20 e i 30 anni) ma soprattutto di un canto universale di amore, speranza e libertà – come quello che i protagonisti intonano al di sopra delle proprie celle- che nessun governo potrà mai piegare.
Concludo con le bellissime parole della canzone di Charly Garcia intitolata "Canciòn para mi muerte" tratta da una delle scene del film:
Hubo un tiempo que fui hermoso
y fui libre de verdad
guardaba todos mis sueños
en castillos de cristal
Poco a poco fui creciendo
y mis fabulas de amor
se fueron desvaneciendo
como pompas de jabon
Te encontrare una mañana
dentro de mi habitacion
y preparars la cama, para dos.
Es larga la carretera
cuando uno mira atras
vas cruzando las fonteras
sin darte cuenta quizas
Tomate del pasamanos
porque antes de llegar
se aferraron mil ancianos
pero se fueron igual
Te encontrare una mañana...
Quisiera saber tu nombre
tu lugar tu direccion,
y si te han puesto telefono
tambien tu numeracion
Te suplico que me avises
si me vienes a buscar
no es porque te tenga miedo
solo me quiero arreglar
LAURA
After earth... dove sei Fantascienza?!
Se siete curiosi di sapere come sarà la Terra senza l'uomo, vi consiglio di leggere "Il Mondo senza di noi" di Alan Weisman, perché andare a vedere "After earth" potrebbe essere una grande delusione.
Il film parte abbastanza bene: gli uomini rendono la Terra inabitabile e sono costretti a lasciarla. Si trasferiscono su un nuovo pianeta, peccato che alcuni suoi abitanti, i mostruosi Ursa, non siano molto d'accordo e si scatena una bella battaglia (ma vah?!). Fin qui potrebbe essere emozionante, ma purtroppo il regista ce la racconta solo in breve.
La storia si sposta sui due protagonisti: l'impavido Will Smith, il generale delle forze armate del nuovo pianeta (i "Ranger"... e perchè non hanno scelto Chuck Norris?!), l'unico che ha capito come sconfiggere quei cattivoni degli Ursa (così stupidi da voler difendere il loro pianeta da un invasore...) e suo figlio, che naturalmente vuole diventare Ranger ma non ci riesce. I due non hanno un legame e per rimediare, su consiglio della bella moglie, Will Smith decide di portare il figlio nella sua ultima missione (una partita di calcetto no?!). Si possono avere incidenti nel bel mezzo dello spazio?! Evidentemente sì, perchè la loro nave precipita, causando la morte di tutti tranne che dei due protagonisti. Ed ecco che la noia comincia. Sono sulla Terra, ma non quella che hanno lasciato migliaia di anni fa: ora è diventata un immenso set di Jurassic Park, con creature che "si sono evolute per distruggerci" come dice il generale (sarebbe lunga spiegargli come funziona l'evoluzione...). Altra bella notizia: l'unico strumento per mandare un messaggio di soccorso si trova nella parte della nave che è precipitata a un centinaio di chilometri da loro. A chi toccherà riprenderlo? Will Smith è ferito e non può muoversi, è quindi il figlio che si fa carico dell'ardua impresa. Il tutto diventa una corsa monotona, con sprazzi di emozione solo quando qualche "bestia feroce" intralcia il suo cammino. Will Smith in questo film perde tutto il suo carisma per diventare un noioso sermonista che non dice niente di illuminante. E per aumentare la suspence (in senso ironico), dalla nave è scappato uno dei terribili Ursa, che si aggira per la Terra aspettando proprio il giovane ranger. La battaglia ci sarà, diventando lo spunto per una banale metafora sul combattere le proprie paure. E' scontato raccontare come si conclude, come lo è tutto il film.
Un gran peccato davvero, visti i magnifici spunti offerti dal pozzo infinito della fantascienza e dalla bravura, testata più volte, del talentuoso Will Smith. Diciamo che anche i migliori inciampano...
La battuta migliore del film (che manca totalmente di umorismo) è quella del ragazzo, che alla fine di tutta quella assurda scorribanda, dice al padre "Voglio fare il lavoro della mamma". Mitico. Al diavolo i Ranger.
ALICE
Il film parte abbastanza bene: gli uomini rendono la Terra inabitabile e sono costretti a lasciarla. Si trasferiscono su un nuovo pianeta, peccato che alcuni suoi abitanti, i mostruosi Ursa, non siano molto d'accordo e si scatena una bella battaglia (ma vah?!). Fin qui potrebbe essere emozionante, ma purtroppo il regista ce la racconta solo in breve.
La storia si sposta sui due protagonisti: l'impavido Will Smith, il generale delle forze armate del nuovo pianeta (i "Ranger"... e perchè non hanno scelto Chuck Norris?!), l'unico che ha capito come sconfiggere quei cattivoni degli Ursa (così stupidi da voler difendere il loro pianeta da un invasore...) e suo figlio, che naturalmente vuole diventare Ranger ma non ci riesce. I due non hanno un legame e per rimediare, su consiglio della bella moglie, Will Smith decide di portare il figlio nella sua ultima missione (una partita di calcetto no?!). Si possono avere incidenti nel bel mezzo dello spazio?! Evidentemente sì, perchè la loro nave precipita, causando la morte di tutti tranne che dei due protagonisti. Ed ecco che la noia comincia. Sono sulla Terra, ma non quella che hanno lasciato migliaia di anni fa: ora è diventata un immenso set di Jurassic Park, con creature che "si sono evolute per distruggerci" come dice il generale (sarebbe lunga spiegargli come funziona l'evoluzione...). Altra bella notizia: l'unico strumento per mandare un messaggio di soccorso si trova nella parte della nave che è precipitata a un centinaio di chilometri da loro. A chi toccherà riprenderlo? Will Smith è ferito e non può muoversi, è quindi il figlio che si fa carico dell'ardua impresa. Il tutto diventa una corsa monotona, con sprazzi di emozione solo quando qualche "bestia feroce" intralcia il suo cammino. Will Smith in questo film perde tutto il suo carisma per diventare un noioso sermonista che non dice niente di illuminante. E per aumentare la suspence (in senso ironico), dalla nave è scappato uno dei terribili Ursa, che si aggira per la Terra aspettando proprio il giovane ranger. La battaglia ci sarà, diventando lo spunto per una banale metafora sul combattere le proprie paure. E' scontato raccontare come si conclude, come lo è tutto il film.
Un gran peccato davvero, visti i magnifici spunti offerti dal pozzo infinito della fantascienza e dalla bravura, testata più volte, del talentuoso Will Smith. Diciamo che anche i migliori inciampano...
La battuta migliore del film (che manca totalmente di umorismo) è quella del ragazzo, che alla fine di tutta quella assurda scorribanda, dice al padre "Voglio fare il lavoro della mamma". Mitico. Al diavolo i Ranger.
ALICE